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Milano : Feltrinelli, 2012
Abstract: Con poche pennellate precise, Amos Oz ricrea il microcosmo di un kibbutz israeliano negli anni cinquanta. Dal giardiniere timido e solitario che ha la passione di dare brutte notizie alla donna lasciata dal marito per un'altra che le vive praticamente accanto; dal mite elettricista che, con sbigottita discrezione, non riesce a capacitarsi dell'amore della figlia diciottenne per il suo insegnante di storia al falegname pettegolo che, in preda all'ira, si accanisce su un bambino per dare una lezione a chi ha maltrattato suo figlio; dalle tentazioni sensuali del segretario del kibbutz durante la sua ronda notturna allo struggente racconto agrodolce degli ultimi giorni di un calzolaio anarchico, appassionato di esperanto e del futuro dell'umanità. Infine, due scelte opposte di fronte al dilemma tra andare e stare: quella di Moshe, che confrontandosi con il padre malato in ospedale finisce per riconoscersi in tutto e per tutto membro del kibbutz, e quella di Yotam, che invece dentro il kibbutz soffre e vorrebbe andare a studiare in Italia, dallo zio che lì ha fatto fortuna. Un affresco popolato di personaggi che ritornano di storia in storia e che devono la loro forza a un'intensa, luminosa umanità.
15 febbraio 2013 alle 22:56
Otto storie (bellissime) di solitudini e incontri in un kibbutz israeliano. I personaggi, spigolosi e irrisolti, vivono le loro peculiarità (per non dire stranezze) con caparbia ostinazione e il kibbutz nonostante le sue regole, la durezza del lavoro e il conformismo ideologico, sembra ancora l'unico luogo per una praticabile fratellanza.
Genere : Se siamo il popolo eletto ci sarà un motivo, no?
Giudizio : 5 pallini (su cinque)
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